Separazione dei coniugi

Separazione - Studio Legale Chiara Berretta

Il d.l n. 132/2014 ha introdotto nell’ambito del diritto di famiglia la negoziazione assistita, cercando di semplificare, almeno apparentemente, i procedimenti i separazione personale e di divorzio.
E’ importante sottolineare che tale riforma non prevede il c.d. divorzio
breve, nulla è stato modificato in tal senso.
E’ tutt’ora necessario rispettare il termine di tre anni dalla separazione per poter divorziare.

1. La separazione

Consiste nell’interruzione effettiva e stabile della convivenza coniugale e dà vita ad uno status giuridico dei rapporti coniugali avente carattere potenzialmente transitorio, in quanto può essere fatto cessare in ogni momento, senza bisogno di alcuna formalità, con una semplice riconciliazione (art. 157 c.c.).
La separazione non fa venir meno il vincolo coniugale.
L’istituto della separazione è stato modificato dalla legge di riforma del diritto di famiglia (L. 151/75).
Essa determina la cessazione per entrambi i coniugi dell’obbligo di assistenza relativamente a quelle forme che presuppongono la convivenza. Non cessa l’obbligo di collaborazione specie con riguardo ai figli.
Il dovere di fedeltà si riduce, nel senso che devono ritenersi vietati solo i rapporti adulterini che, per le circostanze e le modalità con cui si concretizzano , siano suscettibili di arrecare grave pregiudizio all’onore dell’altro coniuge.
In seguito alla separazione cessa la presunzione di paternità e si scioglie la comunione legale.
La legge disciplina precipuamente la separazione legale, quella, cioè, sanzionata da un provvedimento giurisdizionale; non determina, invece, conseguenze giuridiche la separazione di fatto, che consiste nella interruzione della convivenza coniugale non sanzionata da alcun provvedimento giudiziale, ma attuata sulla base di un mero accordo informale tra i coniugi e sul rifiuto di uno di essi a proseguire la vita in comune.
Il diritto civile disciplina due forme di separazione:

a) La separazione giudiziale art. 151c.c

Con il termine separazione giudiziale si indica quel tipo di separazione che, anteriormente alla riforma introdotta con L. 151/75, veniva denominata separazione per colpa, in quanto fondata su di una specifica violazione dei doveri coniugali da parte di un coniuge. Oggi, invece, il fondamento dell’azione di separazione. Ai sensi del novellato art. 151 c.c., è costituito dal verificarsi di “fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o da recare grave pregiudizio alla educazione della prole” e ciò “anche indipendente dalla volontà di uno o entrambi i coniugi”, il giudice purché gli sia chiesto può dichiarare nella sentenza a quale dei due coniugi sia addebitabile la separazione.

b) Separazione consensuale art. 158 c.c.

Il fulcro dell’istituto va rinvenuto nell’accordo con il quale le parti, limitatamente agli interessi disponibili, pongono le regole dei loro futuri rapporti.
Il suddetto accordo ha carattere negoziale, e, come tale, costituisce un atto di autonomia privata, sottratta ad ogni diretta ingerenza da parte dell’organo giudicante il quale ne “prende atto” limitandosi ad un controllo di legalità e, relativamente agli interessi indisponibili, di opportunità: verifica, cioè, che le clausole pattuite non siano nulle per contrarietà a norme imperative o all’ordine pubblico e valuta la convenienza delle stesse per “l’interesse morale e materiale” dei figli minori, interesse che per espressa previsione legislativa è sottratto alla libera disponibilità delle parti (es.: non sarebbe omologabile una separazione che contenesse una clausola di rinuncia alla prole). Ne consegue che il giudice nella separazione quando l’accordo dei coniugi relativamente all’affidamento e al mantenimento dei figli sia in contrasto con gli interessi di questi riconvoca i coniugi ove i separandi non ottemperino l’omologazione indicando agli stessi le modificazioni da apportare nell’interesse della prole, e, in caso di inidonea può rifiutare l’omologazione della separazione (art. 158 c.c.).
Il Giudice non può, quindi, intervenire direttamente, sostituendosi alle parti, per modificare o colmare eventuali lacune ma può soltanto indicare le modificazioni da apportare in ordine al mantenimento ed ai diritti e doveri verso la prole, nonché alla tutela degli interessi indisponibili delle stesse parti.

2. La riconciliazione

La riconciliazione è prevista dall’art. 154 e dall’art. 157 c.c.
La riconciliazione si basa sulla volontà dei coniugi di ricominciare il cammino comune.
Dopo l’abolizione della “separazione per colpa”, la riconciliazione non implica “alcun perdono”, ma solo il comune intento di superare le cause che hanno determinato la crisi coniugale, qualunque sia stato il contenuto di esse.
La riconciliazione può essere espressa, cioè contenuta in un atto formale oppure tacita, in questo caso abbiamo una ripresa della vita comune dei coniugi, o questi tengono un comportamento incompatibile con lo stato di separazione.
Per quanto concerne i rapporti patrimoniali tra i coniugi, la separazione comporta lo scioglimento della comunione legale dei coniugi. In caso di riconciliazione, la comunione legale, o comunque il regime patrimoniale scelto a suo tempo dai coniugi, si ripristina automaticamente, con l’eccezione dei beni acquistati in regime di separazione dei beni.

3. Gli alimenti

Gli alimenti rappresentano uno dei principali obblighi di carattere patrimoniale che possono sorgere all’interno della famiglia e, più precisamente, dal matrimonio, dalla filiazione o dall’instaurazione di un rapporto di parentela (zio- nipote) affinità (suocero/a- nuora/genero).Tale obbligo deriva dal principio di solidarietà familiare, in applicazione del quale la legge impone ai membri della famiglia di attivarsi e sostenere economicamente il familiare che non sia in grado di poter far fronte alle spese necessarie per soddisfare le proprie esigenze fondamentali di vita. Il diritto agli alimenti rappresenta un diritto personale e non può di conseguenza essere richiesto se non dal soggetto che si trovi in particolari situazioni, inoltre, non può essere ceduto.
In particolare è riconosciuto il diritto agli alimenti solo nel caso in cui sussistano i presupposti di cui all’art. 438 c.c. ossia:
– uno stato di bisogno del richiedente;
– impossibilità del richiedente di provvedere al proprio mantenimento;
– possibilità economica di colui che deve versare gli alimenti.
Eventuali modifiche di uno di questi presupposti determinano la cessazione o la modificazione dell’obbligo alimentare.

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Sommario: 1. La separazione – 2. La separazione giudiziale – 3.  La riconciliazione – 4. Gli alimenti

Dizionario dei termini giuridici, Angelo Favata , CELT Casa editrice la Tribuna
Le Xikon, I nuovi strumenti di studio, diritto privato civile, Ed. Simone.