La delibazione della sentenza ecclesiastica

Delibazione

Lo Studio Legale Berretta, presta la propria assistenza professionale nell’ambito del procedimento di delibazione delle sentenze canoniche

L’avvocato Chiara Berretta ha discusso la tesi di dottorato, in Iure canonico, presso l’Università Pontificia della Santa Croce, Roma: “La simulazione del consenso in ambito civile e in ambito  canonico, con speciale riferimento ai problemi della delibazione delle sentenze di nullità matrimoniale per simulazione unilaterale del consensoconseguendo la votazione di Magna cum laude.

Qui di seguito alcune brevi informazioni di carattere giuridico in ordine al procedimento di delibazione di sentenze canoniche.

1. Approccio storico: la giurisdizione ecclesiastica nel Concordato lateranense
Il Concordato del laterano aveva previsto all’art. 34, commi quarto e ss., che le cause concernenti la nullità del matrimonio e la dispensa dal matrimonio rato e non consumato, fossero riservate alla competenza del giudice ecclesiastico.
Una volta che i provvedimenti erano divenuti definitivi, e dopo il controllo da parte del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, le sentenze erano trasmesse d’ufficio alla Corte di Appello territorialmente competente, ciò significa che non era necessario alcun impulso delle parti.
La Corte di Appello provvedeva a rendere questi provvedimenti efficaci nell’ordinamento italiano, tale procedimento era definito alla dottrina e dalla giurisprudenza automatico, visto che nessun controllo da parte della Corte poteva essere posto in essere. La stessa, infatti, si limitava ad accertare l’esistenza ed l’autenticità dei provvedimenti dell’autorità ecclesiastica.
La materia del riconoscimento automatico della giurisdizione ecclesiastica matrimoniale è stato oggetto di specifiche previsioni da parte dell’accordo di Villa Madama, (reso esecutivo in Italia con la legge 25 marzo 1985 n. 121) mediante il quale la Santa Sede e lo Stato hanno provveduto alla revisione  del Concordato  del 29.

2. Presupposti
Perchè si possa procedere alla delibazione della sentenza canonica è necessario essere in possesso:
  di due sentenze canoniche conformi dichiarative della nullità matrimoniale;
exequatur, ovvero, il decreto di esecutività, secondo il diritto canonico, della sentenza dichiarativa della nullità matrimoniale, rilasciato dal Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica. Le sentenze canoniche che riguardano lo stato delle persone, a differenza delle sentenze dell’ordinamento italiano non passano mai in giudicato.

3. Il procedimento di delibazione
Il procedimento di delibazione permette alle sentenze canoniche di trovare ingresso nell’ ordinamento italiano, ovvero,  di produrre effetti giuridici.
Il procedimento può seguire due riti: quello camerale, nel caso in cui le parti congiuntamente depositino un ricorso volto a richiedere che la sentenza canonica, dichiarativa della nullità matrimoniale pronunciata dal tribunale ecclesiastico sia produttiva di effetti giuridici nell’ ordinamento italiano; quello ordinario, nel caso in cui sia una sola parte a presentare la domanda, con atto di citazione che dovrà  essere notificato alla controparte.iIn questo caso il giudizio si svolgerà come una normale causa civile.
In ogni caso, adesso, a differenza di quanto accadeva prima della revisione del Concordato del 29,  la Corte d’Appello, territorialmente competente, intendendosi per tale la Corte d’Appello nel cui distretto si trova il Comune dove fu trascritto il matrimonio,   prima di procedere alla delibazione della sentenza deve verificare:
1) che il giudice ecclesiastico sia competente a decidere, deve quindi trattarsi di un matrimonio concordatario (cioè matrimonio canonico con effetti civili dati dalla  trascrizione dello stesso e non un matrimonio solo religiso);
2) il rispetto nel corso del processo canonico del diritto di agire e resistere in giudizio in modo non difforme dai principi dell’ordinamento italiano;
3) il passaggio in giudicato della sentenza canonica;
4) deve verificare la conformità della sentenza ecclesiastica alle altre condizioni richieste dalla legislazione italiana per la dichiarazione di efficacia delle sentenze straniere, ovvero: a) la non contrarietà tra la sentenza ecclesiastica ed altra sentenza pronunciata dal giudice italiano passata in giudicato; b) che non sia già pendente dinanzi al giudice italiano un giudizio fra le stesse parti avente il medesimo oggetto, instaurato prima del giudizio ecclesiastico; c) la non contrarietàcon l’ordine pubblico italiano.
Una volta che la Corte d’appello ha verificato che sussistono tutte le condizione previste dalla legge rende esecutiva la sentenza canonica nell’ordinamneto italiano.
La sentenza così delibata dovrà successivamente essere trascritta nei registri dello Stato civile. Infatti il D.P.R. n. 396/2000 – Regolamento per la revisione e semplificazione dell’ordinamento dello Stato civile – prevede all’ art. 63 ancora la trascrizione delle sentenze della Corte d’appello in materia di dichiarazione di nullità matrimoniale.

4. Effetti della delibazione della sentenza canonica
La sentenza canonica una volta delibata produce effetti ex tunc ovvero dal giorno in cui il matrimonio fu celebrato.
Con la deibazione della sentenza canonica il matrimonio cessa di esistere anche per  l’ordinamento civile.

DIRITTO CANONICO
FAQ

E’ necessario un procedimento di delibazione perché la sentenza ecclesiastica abbia efficacia nello Stato italiano?
Si. La delibazione è quel procedimento che permette di dare  esecuzione alle sentenze straniere nel territorio italiano. La L. 31 maggio 1995, n. 218, Diritto internazionale privato, prevede il riconoscimento automatico delle sentenze straniere, qualora ricorrano determinati requisiti.
La giurisprudenza ha affermato, però, che per quanto concerne la materia matrimoniale, il Concordato con lo Stato del Vaticano obbliga l’Italia ad osservare tuttora le disposizioni dettate dal codice di procedura civile. Ne consegue che il giudice italiano, ove si tratti di dare esecuzione ad una sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio concordatario, non potrà procedere ad un riconoscimento automatico.
A tal fine si è disposto che il giudice civile, nel procedere alla delibazione, debba verificare determinati presupposti:
– se nel procedimento davanti ai tribunali ecclesiastici sia stato assicurato alle parti il diritto di agire e resistere in giudizio in modo non difforme dai principi fondamentali dello Stato Italiano;
–  accertare l’esistenza e l’autenticità dei provvedimenti ecclesiastici che hanno dichiarato la nullità del matrimonio, nonché del decreto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica che attesti l’esecutività della sentenza. Lo Stato italiano in questo caso parla di esecutività e non di definitività. Le sentenze ecclesiastiche  sullo stato delle persone non passano mai in giudicato, qualora ricorrano  nuove e gravi prove e argomento possono le parti chiedere la riapertura del giudizio.
–  le norme contenute nei provvedimenti ecclesiastici non devono essere contrarie all’ordine pubblico.

Quali sono le sentenze canoniche che possono essere delibate dalla Stato Italiano?
Tutte le sentenze ecclesiastiche di nullità fondate sui vizi del consenso (errore, violenza, incapacità naturale). In questo caso è necessario, però, procedere ad un’ulteriore specificazione. La disciplina canonistica differisce sensibilmente da quella  prevista dall’ordinamento italiano. La prima consente che tali cause di invalidità del matrimonio siano fatte valere senza limiti di tempo, ius veritatis, ovvero il diritto alla verità principio basilare nell’ordinamento canonico,mentre nell’ordinamento italiano sussistono termini di decadenza molto stretti. Ciò comporta che se i coniugi che hanno coabitato per oltre un anno gli è precluso chiedere l’annullamento in sede civile. Nonostante questa differenza fondamentale tra i due ordinamenti, la delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità non trova ostacolo nel fatto che la causa di nullità sia promossa anche  molto tempo dopo la scoperta del vizio che sussisteva all’epoca della celebrazione delle nozze, e sebbene i coniugi abbiano continuato a coabitare per anni. Esempio: si può chiedere anche dopo dieci anni.

Possono essere delibate le sentenze che siano fondate sulla simulazione unilaterale?
Anche in questo caso è necessaria una specificazione. Nell’ordinamento italiano perché si possa chiedere l’annullamento del matrimonio per simulazione è necessario che gli sposi si siano accordati a non adempiere gli obblighi e a non esercitare i diritti che discendono dal matrimonio. Si parla in questo caso di una simulazione bilaterale (entrambi i coniugi). L’ordinamento canonico, al contrario, prevede l’invalidità delle nozze quando anche uno solo dei contraenti, con un positivo atto di volontà, abbia escluso il matrimonio  stesso oppure un suo elemento essenziale (simulazione unilaterale, uno solo dei coniugi).
La giurisprudenza della Cassazione sembra consolidata nell’affermare la delibazione della sentenza ecclesiastica fondata sulla simulazione unilaterale nel caso in cui questa sia stata manifestata all’altro coniuge, quest’ultimo sia divenuto, quindi, cosciente della difformità tra la reale volontà del prossimo coniuge e la dichiarazione che questi avrebbe pronunciato al fine della celebrazione delle nozze.
La giurisprudenza di legittimità afferma, inoltre, che alla sentenza di nullità matrimoniale è ancora possibile riconoscere gli effetti civili quando la riserva mentale di un coniuge (simulazione parziale) sia stata comunqueeffettivamente conosciuta dall’altro coniuge, cui pure il primo non l’ha manifestata in modo esplicito, ed anche nel caso in cui  non siano stata conosciuta dall’altro coniuge in buona fede a causa della sua negligenza.
Ne consegue che la delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità non deve essere negata,  neppure, quando il coniuge  che non poteva conoscere, o ignorava per proprio negligenza, il vizio del consenso dell’altro coniuge, chiede lui stesso la delibazione o non si opponga ad essa.

Quali sono i provvedimenti ecclesiastici che non possono essere delibati non nostro ordinamento?
Non possono essere delibati nel nostro ordinamento:
1) le dispense matrimoniali  matrimonio rato e non consumato questo perché:
la pronuncia viene emanata discrezionalmente dal Romano Pontefice, quando egli ritenga sussistere oltre all’inconsumazione  anche una iusta causa per accogliere l’istanza;
gli atti del procedimento di regola non sono conoscibili neppure dalle parti;
le parti nel corso del giudizio non possono essere assistite da un difensore in senso tecnico (avvocato procuratore);
l’istruttoria, per effetto di una scelta del Vescovo, può essere svolta (da un tribunale, ma anche) da un soggetto non dotato di potestà giurisdizionale.
Queste peculiarità non permettono che tale provvedimento possa essere considerato nel nostro ordinamento giurisdizionale e di conseguenza delibabile.
2) le sentenze ecclesiastiche di nullità matrimoniale fondate sull’esistenza di impedimenti di naturaconfessionale, esempio: disparità di culto, ordine sacro e voto perpetuo pubblico di castità
3) la pronuncia di rectractio. Con questo termine si è soliti indicare la sentenza del giudice ecclesiastico che revochi una precedente decisione canonica di nullità matrimoniale, con la conseguenza di riportare in vita il matrimonio.
Occorre ricordare che in base alla disciplina canonica le sentenze in materia di stato delle persone, non passano mai in giudicato, di conseguenza può adirsi senza limiti di tempo il giudice ecclesistico al fine di ottenere la revoca di una tale decisione, sono necessarie NUOVE E GRAVI PROVE O ARGOMENTI  (restituito in integrum).
In questo caso tale decisione, con cui consegue la reviviscenza del matrimonio nel diritto della Chiesa,  non potrà mai avere efficacia nello stato italiano, per una esigenza di salvaguardare la certezza del diritto e l’autorità del giudicato.

Quali conseguenze economiche produce la delibazione nel nostro ordinamento?
Nell’ipotesi in cui la decisione canonica di nullità matrimoniale consegua gli effetti civili, e la pronuncia divenga definitiva prima dell’instaurazione del giudizio civile di separazione o divorzio, non si pongono problemi di litispendenza o constrato di giudicato, perché il matrimonio è ormai venuto meno con effetti ex tunc, cioè da allora, anche per lo Stato Italiano.
Si potranno applicare qualora uno dei due coniugi abbia contratto il matrimonio in buona fede la normativa relativa al matrimonio putativo.

Che cosa succede nel caso in cui ci sia contemporaneamente pendenza di due giudizio di nullità matrimoniale, uno dinanzi al giudice ecclesistico ed uno davanti a quello civili?
Tale ipotesi è obiettivamente molto rara, dato che i termini di decadenza dell’azione davanti al tribunale civile sono molto ridotti, comunque in ogni caso, nell’ipotesi in cui ciò possa configurarsi, sembra corretto ritenere che la Corte di Appello territorialmente competente del giudizio di delibazione della sentenza ecclesistica debba negare il riconoscimento degli effetti civili alla decisione canonica di nullità del matrimonio, di cui risulti attestata la esecutività da parte dell’Autorità ecclesiastica competente, se prima di tale esecutività, già pendeva dinanzi al giudice italiano una causa avente  il medesimo oggetto tra le  medesime parti  (cioè lo stesso matrimonio da far dichiarare nullo).
E’ necessario, però, fare un’ulteriore precisazione in ordine al concetto medesimo oggetto. Infatti qualora il giudice civile abbia deciso di non accogliere la domanda, il giudizio di delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità potrà essere reintrodotto, rimando invesita la Corte di Appello di verificare se la nullità pronunciata dal giudice ecclesiastico attenga ai medesimi motivi di nullità fatti valere in sede civile. Se la verifica avrà esito positivo (stessi motivi es: simulazione di entrambi i coniugi) il giudice civile negherà il riconoscimento, ma se avrà esito negativo (motivi diversi ad esempio: simulazione unilaterale) la Corte potrà porre in essere in riconoscimento

La Corte d’Appello territorialmente competente può procedere al riesame del merito della decisione ecclesiastica?
No. E’ inibito al giudice dello Stato italiano.

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Dizionario dei termini giuridici, Angelo Favata , CELT Casa editrice la Tribuna
Le Xikon, I nuovi strumenti di studio, diritto privato civile, Ed. Simone.